Il libro delle preghiere - Catechesi sui Salmi - Parrocchia Santi Filippo e Giacomo di Parona

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Il libro delle preghiere - Catechesi sui Salmi

Se con il termine “preghiera” s’intende il dialogo fra Dio e l’uomo, allora tutta la Bibbia è in certo qual modo un libro di preghiera: in esso è data testimonianza della parola che Dio rivolge all’umanità e della risposta che l’umanità consegna al suo Signore. Una parola così densa perché non si limita solo a dei suoni, ma pone anche dei fatti, parole e gesti intimamente connessi tra loro, dirà il Concilio Vaticano II.

C’è però un libro che raccoglie e riassume questa singolare avventura, ed è quello dei Salmi. La loro parola continua ad accompagnare la lode incessante che nel corso dei secoli la Chiesa continua a rivolgere al suo Signore, dopo che lo stesso Gesù se ne è servito per illustrare i suoi misteri, in particolare la sua morte e la sua risurrezione.

Sono centocinquanta orazioni, di diversa lunghezza, suddivise in alcune sezioni, nelle quali sono proposti i molti modi con cui l’uomo si pone davanti a Dio e sono narrate le misteriose vie con cui Dio partecipa alle vicende umane.
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Che meritasse uno sguardo attento il primo dei Salmi, lo avevano capito anche gli antichi: “Quello che le fondamenta rappresentano per una casa, la catena per una nave, e il cuore per un corpo vivente, questo breve proemio rappresenta per l’intero edificio dei Salmi. Infatti il salmista aveva l’intenzione di esortare a sopportare le angosce, grondanti di sudore e di fatica. Con questo proemio ha mostrato a coloro che lottano per la pietà il fine beato, affinché nella speranza dei beni futuri noi sopportiamo i dolori della vita” (San Basilio Magno).

Non si tratta di supplica, implorazione, lamento, ringraziamento, lode, …, ma di una breve riflessione sapienziale sull’esistenza umana considerata dal punto di vista di Dio. “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori, ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte”. Felice l’uomo quando s’incammina nella legge (e qui legge indica tutta la parola divina) del Signore, quando la considera la sua Via. E già questo ci spiega perché anche Gesù ha voluto proporsi a tutti come “Via”.
Il Salmo inizia con la lettera “aleph” e termina con la “tau”. Per l’alfabeto ebraico è come dire: “dalla A alla Z”.

Ma, soprattutto, l’uomo beato “è come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene”. Insomma, chi si affida alla legge del Signore, chi ne fa la strada da percorrere, chi ne fa la fonte della sua sapienza, riassume in sé il senso di tutta la storia sacra e anticipa nella sua persona quello a cui è destinata tutta l’umanità, di essere portatrice di frutti di ogni bene.
Salmo 1 - LE DUE VIE -


[1] Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
[2] ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

[3] È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

[4] Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
[5] perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio
né i peccatori nell’assemblea dei giusti,

[6] poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.                                                                      
Salmo 8
MAGNIFICENZA DI DIO CREATORE
E NOBILTA’ DELL’UOMO



O Signore, nostro Dio, †
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra: *
† sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.

Con la bocca dei bimbi e dei lattanti †
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, *
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, *
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, *
il figlio dell'uomo perché te ne curi?

Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, *
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, *
tutto hai posto sotto i suoi piedi;

tutti i greggi e gli armenti, *
tutte le bestie della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare, *
che percorrono le vie del mare.

O Signore, nostro Dio, *
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!
Il salmo è un inno, di genere sapienziale, sulla magnificenza di Dio nella creazione e la partecipazione dell’uomo alla sua gloria. Il salmo era destinato anzitutto a una preghiera liturgica, o di gruppo, forse per un culto notturno, ma poteva avere anche un uso privato, perché l’orante israelita si riconosce sempre unito al Popolo di Dio.

Il salmista è sotto la potente impressione del cielo stellato del Sud. Il suo splendore gli appare come magnificenza regale di Dio, al quale perciò si rivolge come a un re, chiamandolo Signore nostro e con la lode della sua gloria su tuta la terra, celebrata perfino dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti. Nello stesso tempo il cielo gli appare come la fortezza di Dio, irraggiungibile da chiunque e dalla quale vengono pronunciati i giudizi divini.

Al cospetto della maestà del creato, il salmista percepisce la piccolezza dell’uomo (in Isaia 40,22 gli esseri umani sono paragonati a cavallette). Con Giobbe 7,16, il salmista si domanda come mai Dio presta attenzione all’”omiciattolo”. Allora Genesi 1,26 (“come immagine di Dio lo creò”) gli suggerisce la risposta, ed egli vede l’uomo nella dignità regale di cui è investito per la sua destinazione ad essere segno vivente della sublimità divina e suo vicerè (rappresentante del Signore) sulla terra.

Secondo Matteo 21,15, Gesù ha riferito questo salmo a sé stesso. Ciò che qui è detto in generale dell’uomo come creatura di Dio e partner della divina Alleanza, raggiunge la suprema pienezza nel Capo dell’umanità, Cristo Dio.

Nel pregare questo salmo, noi cristiani contempliamo con gioia Colui che dalla sua umiliazione è stato innalzato alla destra del Padre come nostro “fratello primogenito”. Ma ricordiamo pure che l’inno vale pienamente anche per gli esseri umani, Essere immagine vivente di Dio sulla terra (l’Antico Testamento non ammetteva altre imma-gini di Dio), è un inaudito titolo di nobiltà.

E tanto più per noi, in quanto conosciamo ben più che gli antichi l’immensa grandezza del cosmo che in una notte stellata splende sopra di noi, quasi a tempestare di gemme il regale manto di luce del Creatore.
Il salmo è un inno, di genere sapienziale, sulla magnificenza di Dio nella creazione e la partecipazione dell’uomo alla sua gloria. Il salmo era destinato anzitutto a una preghiera liturgica, o di gruppo, forse per un culto notturno, ma poteva avere anche un uso privato, perché l’orante israelita si riconosce sempre unito al Popolo di Dio.
Il salmista è sotto la potente impressione del cielo stellato del Sud. Il suo splendore gli appare come magnificenza regale di Dio, al quale perciò si rivolge come a un re, chiamandolo Signore nostro e con la lode della sua gloria su tuta la terra, celebrata perfino dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti. Nello stesso tempo il cielo gli appare come la fortezza di Dio, irraggiungibile da chiunque e dalla quale vengono pronunciati i giudizi divini.

Al cospetto della maestà del creato, il salmista percepisce la piccolezza dell’uomo (in Isaia 40,22 gli esseri umani sono paragonati a cavallette). Con Giobbe 7,16, il salmista si domanda come mai Dio presta attenzione all’”omiciattolo”. Allora Genesi 1,26 (“come immagine di Dio lo creò”) gli suggerisce la risposta, ed egli vede l’uomo nella dignità regale di cui è investito per la sua destinazione ad essere segno vivente della sublimità divina e suo vicerè (rappresentante del Signore) sulla terra.

Secondo Matteo 21,15, Gesù ha riferito questo salmo a sé stesso. Ciò che qui è detto in generale dell’uomo come creatura di Dio e partner della divina Alleanza, raggiunge la suprema pienezza nel Capo dell’umanità, Cristo Dio.

Nel pregare questo salmo, noi cristiani contempliamo con gioia Colui che dalla sua umiliazione è stato innalzato alla destra del Padre come nostro “fratello primogenito”. Ma ricordiamo pure che l’inno vale pienamente anche per gli esseri umani, Essere immagine vivente di Dio sulla terra (l’Antico Testamento non ammetteva altre imma-gini di Dio), è un inaudito titolo di nobiltà.

E tanto più per noi, in quanto conosciamo ben più che gli antichi l’immensa grandezza del cosmo che in una notte stellata splende sopra di noi, quasi a tempestare di gemme il regale manto di luce del Creatore.
Salmo 14
I SENZA DIO FALLISCONO
IL SIGNORE DIFENDE IL DIRITTO DEI DEBOLI



1 Lo stolto pensa: «Dio non c’è».
Sono corrotti, fanno cose abominevoli:
non c’è chi agisca bene.

2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell’uomo
per vedere se c’è un uomo saggio,
uno che cerchi Dio.

3 Sono tutti traviati, tutti corrotti;
non c’è chi agisca bene, neppure uno.

4 Non impareranno dunque tutti i malfattori,
che divorano il mio popolo come il pane
e non invocano il Signore?

5 Ecco, hanno tremato di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
6 Voi volete umiliare le speranze del povero,
ma il Signore è il suo rifugio.

7 Chi manderà da Sion la salvezza d’Israele?
Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele.
Salmo 23
DIO, OSPITE E BUON PASTORE



1 Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.

2 Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

3 Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

4 Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

6 Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
Il Salmo 23 è un cantico di fiducia. Non vi si trovano i soliti temi della lamentazione. Il Salmo ha un carattere di gioiosa professione di fede. Colui che parla è certamente un singolo, ma nello stesso tempo prega con questo Sal-mo come membro del suo popolo, al quale Dio ha promesso la grazia di essere il loro Pastore.

Già, secondo Genesi 48,15, Giacobbe aveva esclamato: “Dio, il mio pastore fin dalla mia giovinezza”. Ma l’orante del Salmo ha in vista anzitutto i testi profetici che parlano di Dio come Pastore di Israele: Osea, Geremia, Ezechiele … Il Salmista applica tutto questo a sé medesimo, e comunica quindi la sua esperienza della benevola guida divina durante una vita piena di pericoli. Egli afferma che gli è concesso quello che ancora domanda il Salmo 31,4: “Conducimi e guidami, per amore del tuo Nome”, e cioè la potenza protettrice di Dio gli si rivela, per il fatto che la sua via è via di salvezza e non di sventura.

In Palestina, durante l’estate, i pastori sono costretti a ritirarsi nelle gole profonde e ombrose, letti asciutti di torrenti, dove si trovano ancora ciuffi d’erba, oppure a spostarsi da un pascolo all’altro. Qui però c’è la minaccia delle bestie selvagge e dei predoni, dai quali il pastore deve difendersi con la sua clava (questa si vede ancora oggi attaccata alla cintura dei pastori della Palestina) e col suo grosso bastone.

Col versetto 5 il Salmista passa a un’altra immagine, senza tuttavia allontanarsi dal tema di fondo. Egli è consapevole di essere ospite di Dio. In Oriente l’accoglienza amichevole dell’ospite è così inviolabile, che persino eventuali persecutori in estrema necessità, davanti all’entrata della tenda o della casa hanno diritto al loro “sacrificio” (= offerta). Qui il Tempio è visto nel suo aspetto di luogo di asilo, dove il fedele trova rifugio e ristoro. Il pasto nel Tempio è un convito in cui Dio è capotavola e padrone di casa: anche da lui dunque si deve ricevere l’assistenza prescritta nel caso di un invito: ungere con olio il capo e riempire di vino sempre di nuovo il bicchiere. Sicuramente prima del pasto sacro ci si spalmavano i capelli con olio fino di oliva, quale ornamento festivo, e il calice colmo era inteso come “calice della salute”.

Questo Salmo è stato sicuramente tra le preghiere preferite da Gesù. Per i cristiani il Salmo 23 è stupendo, perché la qualità di Dio come Pastore e la sua ospitale accoglienza hanno preso forma umana personale in Gesù. Già nell’Antico Testamento il Salvatore è annunziato come Buon Pastore e Gesù ha presentato sé stesso insignito dell’ufficio di Pastore dello stesso Dio. Nella prima Lettera di san Pietro è detto: “Voi eravate come pecore erranti, ma ora siete ritornati al Pastore e Custode delle vostre anime” nel Libro dell’Apocalisse viene annunciato per i tempi futuri: “L’Agnello che è nel centro davanti al trono vi condurrà alla pastura e alle sorgenti di acque vive, e Dio asciugherà ogni lacrima dai vostri occhi”.
1 Al maestro del coro. Su «Cerva dell’aurora».
Salmo. Di Davide.    
2 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!
3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;
di notte, e non c’è tregua per me.
4 Eppure tu sei il Santo,
tu siedi in trono fra le lodi d’Israele.
5 In te confidarono i nostri padri,
confidarono e tu li liberasti;
6 a te gridarono e furono salvati,
in te confidarono e non rimasero delusi.
7 Ma io sono un verme e non un uomo,
rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.
8 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9 «Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
10 Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai affidato al seno di mia madre.
11 Al mio nascere, a te fui consegnato;
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12 Non stare lontano da me,
perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti.
13 Mi circondano tori numerosi,
mi accerchiano grossi tori di Basan.
14 Spalancano contro di me le loro fauci:
un leone che sbrana e ruggisce.
15 Io sono come acqua versata,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si scioglie in mezzo alle mie viscere.
16 Arido come un coccio è il mio vigore,
la mia lingua si è incollata al palato,
mi deponi su polvere di morte.
17 Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
18 Posso contare tutte le mie ossa.
Essi stanno a guardare e mi osservano:
19 si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
20 Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
21 Libera dalla spada la mia vita,
dalle zampe del cane l’unico mio bene.
22 Salvami dalle fauci del leone
e dalle corna dei bufali.
Tu mi hai risposto!
23 Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
24 Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele;
25 perché egli non ha disprezzato
né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto
ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.
26 Da te la mia lode nella grande assemblea;
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27 I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!
28 Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
29 Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli!
30 A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere;
ma io vivrò per lui,
31 lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32 annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!».
Salmo 22
DIO RISOLLEVA L’UOMO DALL’ABBANDONO
E DA ANGOSCIA MORTALE



Questo Sofferente si sente immerso nel più profondo abbandono di Dio, così come si sentiva abbandonato Israele in esilio. L’orante si sente schiacciato come un verme (è questa la parola che adopera Isaia per il popolo deportato), spogliato della sua forma umana come il Servo di Jhavè.

E tuttavia ha l’esperienza della paternità di Dio, il quale lo ha preso sulle ginocchia direttamente dal grembo materno. Da qui l’accorata invocazione del versetto 12. Colui che parla si trova in pericolo di morte a causa dei nemici, rappresentati come tori  (i tori di Basan, la fertile striscia di terra a oriente del Giordano, sono particolarmente imponenti), leoni, cani e bufali.

I versetti 17-19 indicano in ogni caso una cattura e un maltrattamento che mette a rischio la vita, anzi è probabile che si riferiscano direttamente a quella esecuzione capitale del grande Fedele di Dio. Secondo il diritto assiro, in questo caso le vesti dell’accusato toccano all’accusatore. Stando in certo modo alla soglia della morte, l’Uomo dei Dolori invoca ancora una volta la salvezza (vv. 20-22).

Nel formulare l’inno di ringraziamento, l’autore del Salmo presuppone che Dio ha in qualche modo esaudito la preghiera. Il testo ebraico che invece di “me misero”, ha “tu hai risposto”, attesta esplicitamente la liberazione. Restituito ai suoi, questi sono i veri adoratori di Dio, gli “umiliati”, l’afflitto liberato li invita ad un banchetto sacrificale. Anche i detentori del potere dovranno inchinarsi davanti alla signoria di Dio.

Al vertice della storia della Redenzione, Gesù Cristo ha usato le parole di questo Salmo nella sua preghiera di morente, come attestano i Vangeli: Marco 15,34 e Matteo 27,46. Gesù è disceso nel profondissimo abisso di abbandono di Dio e di tormenti, descritto dal Salmo. Il suo grido non è rimasto inascoltato: risvegliandolo dai morti e ponendolo a capo dei popoli che a lui si convertono, Dio ha esaudito il Cristo sofferente in modo mirabile e unico.

Il nuovo Popolo di Dio, ripetendo questo Salmo, preghiera del suo Salvatore e Signore morente, discende nella buia profondità del suo dolore, e risale con lui nella luce gloriosa della Risurrezione, che si irradia su tutti i tempi della storia del mondo.
Salmo 39
IL SIGNORE, SPERANZA NELLA VITA
FUGGEVOLE E PIENA DI DOLORI



Questo Salmo appartiene al genere, molto ampio, delle lamentazioni individuali. La situazione di colui che parla è caratterizzata da una grave prova (con tutta probabilità una malattia mortale) che offre ai nemici il pretesto per accuse menzognere. Proprio a causa di ciò il Salmista tenta più volte di tacere. In principio, nella sua infelicità, voleva mantenere il silenzio, per non dare occasione al miscredente, con qualche parola audace rivolta alla Divinità, di dir male di lui e di Dio stesso. C’erano infatti parecchie persone che dicevano “servire Dio è inutile”. Così egli si prendeva cura dell’onore di Dio in silenziosa rassegnazione, ma in questo modo non provava alcun sollievo.

Gli è accaduto allora ciò che aveva provato il profeta Geremia: una specie di fuoco interiore lo ha costretto a par-lare. Egli non prorompe però in alte grida, anzi dapprima implora una certezza sulla propria fine e nello stesso tempo la grazia di guardare in faccia con chiarezza il suo destino di morte che riguarda lui al pari di ogni vita umana. Questo gli è concesso, e quasi in un gemito soffocato, che deve commuovere Dio, passa ad affermare la verità dell’inconsistenza della vita mortale. Adopera perciò la parola d’ordine: soffio, polvere, nulla. Per questo anche ogni accumulo di ricchezza è vanità.

La conseguenza di tutto ciò dovrebbe essere la rassegnazione. Tuttavia il Salmista ha una speranza in Dio. Egli lo salverà dal buio presente: dalla malevolenza dei nemici e dalla grave infermità, la quale ultima è un castigo che lo distrugge; da qui l’immagine della tarma che divora i tessuti. Nel versetto 13 il Salmista ricorda al suo Dio che egli è soltanto un “ospite” e un “residente temporaneo”, cioè uno di passaggio, ma proprio in vista di ciò Dio potrebbe usargli le cortesie che si usano agli ospiti.
1 Al maestro del coro. A Iedutùn. Salmo. Di Davide.
2 Ho detto: «Vigilerò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
metterò il morso alla mia bocca
finché ho davanti il malvagio».

3 Ammutolito, in silenzio,
tacevo, ma a nulla serviva,
e più acuta si faceva la mia sofferenza.

4 Mi ardeva il cuore nel petto;
al ripensarci è divampato il fuoco.
Allora ho lasciato parlare la mia lingua:

5 «Fammi conoscere, Signore, la mia fine,
quale sia la misura dei miei giorni,
e saprò quanto fragile io sono».

6 Ecco, di pochi palmi hai fatto i miei giorni,
è un nulla per te la durata della mia vita.
Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive.

7 Sì, è come un’ombra l’uomo che passa.
Sì, come un soffio si affanna,
accumula e non sa chi raccolga.
8 Ora, che potrei attendere, Signore?
È in te la mia speranza.

9 Liberami da tutte le mie iniquità,
non fare di me lo scherno dello stolto.

10 Ammutolito, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.

11 Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.

12 Castigando le sue colpe
tu correggi l’uomo,
corrodi come un tarlo i suoi tesori.
Sì, ogni uomo non è che un soffio.

13 Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
perché presso di te io sono forestiero,
ospite come tutti i miei padri.

14 Distogli da me il tuo sguardo:
che io possa respirare,
prima che me ne vada
e di me non resti più nulla.
1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2 Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.

3 Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.

4 Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

5 Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

6 Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.

7 Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.

8 Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell'intimo m'insegni la sapienza.

9 Purificami con issopo e sarò mondo;
lavami e sarò più bianco della neve.

10 Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.

11 Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

12 Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.

13 Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

14 Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

15 Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.

16 Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvez-za,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.

17 Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;

18 poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.

19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non di-sprezzi.

20 Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.

21 Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l'olocausto e l'intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.
Salmo 50
PREGHIERA PER IL PERDONO DEI PECCATI
E PER UN CUORE NUOVO






Il Salmista è tanto preoccupato di sé stesso e della sua peccaminosità che incomincia con un’invocazione al misericordioso Dio dell’Alleanza. Alla sua misericordia ci si rivolge specialmente nelle preghiere penitenziali. Le ripetute invocazioni: “Cancella!”, “Lavami!”, “Purificami!”, dimostrano quanto il Salmista si senta fortemente mac-chiato di colpa. Senza cercare giustificazioni riconosce che Dio ha ragione di giudicarlo. Ma non è questa, anche se è stata l’occasione per l’esame di coscienza, la sua maggiore preoccupazione. Ciò che più profondamente lo ha colpito è stato il rendersi conto di essere dominato dalla peccaminosità, cioè dalla propensione al peccato, fin dalla nascita. Questa presa di coscienza delle proprie abissali profondità è gradita a Dio perché è una sapienza donata da Dio, e dall’uomo accettata.

Poiché la peccaminosità sembra al Salmista una lebbra egli adopera per formulare la sua domanda le parole con cui il Libro del Levitico descrive la purificazione dalla lebbra con l’issopo. Ma colui che prega non vuole soltanto il perdono che monda dalla colpa, anzi invoca che in lui “sia creato” un cuore e uno spirito nuovo e puro e che gli sia donato lo Spirito di Dio. Così anche il suo spirito diventerà benevolo e allora contribuirà anche alla conversione di altri e in ciò consisterà il suo ringraziamento.

Anche per noi cristiani è importante pregare con questo Salmo, tanto che i sacerdoti lo recitano tutti i venerdì alle Lodi mattutine. Chi così prega “con cuore contrito”, riconoscendo che Dio ha ragione nel giudicarlo, obbedisce ai molti richiami di Gesù a cambiare mentalità e a pentirsi con i fatti, diventando capace, con salutare timore, di ri-conoscere nella Croce il segno del giudizio divino sull’umanità. Questa realtà sempre nuova, il cristiano con la domanda finale del Salmo la invoca per la sua Chiesa, che con il Salmo 50 prega e fa pregare fin dai primissimi tempi.
Salmo 66
CANTO DI LODE
DEI SALVATI DA DIO



Nel suo insieme il Salmo 66 è un cantico di ringraziamento.

Nella sua prima parte (versetti 1-12) è una collettiva preghiera di lode e di rendimento di grazie, mentre nella seconda parte è un Salmo di ringraziamento individuale.

I versetti iniziali invitano il mondo intero al canto di lode, in cui deve risplendere la gloria di Dio. Motivo della lode sono le manifestazioni della potenza divina, davanti alle quali devono arrendersi tutte le forze nemiche di Dio.

Vi risuona il tema della traversata del Mar Rosso e del Giordano durante il passaggio dall’Egitto alla Terra promessa, cioè il tema della grande liberazione dell’Antica Alleanza. Inoltre il Salmista si riferisce al ritorno degli esiliati in Babilonia, reso possibile dalla potenza del Signore.
Perciò tutto il genere umano deve unirsi alla lode del Signore celebrata dai “riscattati”.

Il canto di ringraziamento individuale accompagna le ricche offerte che sono state promesse con voto. Però per il Salmista l’offerta che più importa è l’attestazione della gloria di Dio quale difensore degli accusati innocenti e dei perseguitati.

Nella Nuova Alleanza i sacrifici di animali sono stati aboliti per sempre dal sacrificio di Cristo sulla croce che con l’offerta eucaristica raggiunge ogni spazio e ogni tempo. Il sacro banchetto eucaristico è diventato il sacrificio di ringraziamento assoluto. In esso ringrazia soprattutto e anzitutto Colui che per la propria innocenza è stato salvato dal Padre. Egli poté dire in senso assoluto che non vedeva nel proprio cuore alcun peccato. Nella celebrazione dell’Eucaristia offriamo anche noi un gioioso sacrificio di ringraziamento, aprendo così il nostro sguardo al vasto orizzonte della prima parte del Salmo, che contempla le grandi opere salvifiche di Dio.
1 Al direttore del coro.
Canto. Salmo.
Fate acclamazioni a Dio, voi tutti, abitanti della terra!

2 Cantate la gloria del suo nome, onoratelo con la vostra lode!

3 Dite a Dio: «Come sono tremende le opere tue!
Per la grandezza della tua potenza i tuoi nemici ti aduleranno.

4 Tutta la terra si prostrerà davanti a te e canterà a te,
canterà al tuo nome». [Pausa]

5 Venite e ammirate le opere di Dio;
egli è tremendo nelle sue azioni verso i figli degli uomini.

6 Egli cambiò il mare in terra asciutta; il popolo passò il fiume a piedi; perciò esultiamo in lui.

7 Egli, con la sua potenza domina in eterno;
i suoi occhi osservano le nazioni;
i ribelli non possono insorgere contro di lui! [Pausa]

8 Benedite il nostro Dio, o popoli, e fate risuonare a piena voce la sua lode!

9 Egli ha conservato in vita l'anima nostra,
e non ha permesso che il nostro piede vacillasse.

10 Poiché tu ci hai messi alla prova,

11 Ci hai fatti cadere nella rete,
hai posto un grave peso ai nostri fianchi.

12 Hai fatto cavalcare uomini sul nostro capo; siamo passati attraverso il fuoco e l'acqua,
ma poi ci hai tratti fuori in un luogo di refrigerio.

13 Entrerò nella tua casa con olocausti, adempirò le mie promesse,

14 le promesse che le mie labbra hanno pronunciate,
che la mia bocca ha proferite nel momento della difficoltà.

15 Ti offrirò olocausti di bestie grasse, e il profumo di montoni;
sacrificherò buoi e capri. [Pausa]

16 Venite e ascoltate, voi tutti che temete Dio!
Io vi racconterò quel che ha fatto per l'anima mia.

17 Lo invocai con la mia bocca e la mia lingua lo glorificò.

18 Se nel mio cuore avessi tramato il male,
il Signore non m'avrebbe ascoltato.

19 Ma Dio ha ascoltato; è stato attento alla voce della mia preghiera.

20 Benedetto sia Dio, che non ha respinto la mia preghiera
e non mi ha negato la sua grazia. o Dio,
ci hai passati al crogiuolo come l'argento.
SALMO 2
IL SIGNORE SOSTIENE IL SUO CONSACRATO

Perché le genti congiurano
perché invano cospirano i popoli?

Insorgono i re della terra
e i principi congiurano insieme
contro il Signore e contro il suo Messia:

"Spezziamo le loro catene,
gettiamo via i loro legami".

Se ne ride chi abita i cieli,
li schernisce dall'alto il Signore.

Egli parla loro con ira,
li spaventa nel suo sdegno:

"Io l'ho costituito mio sovrano
sul Sion mio santo monte".

Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: "Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.

Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.

Le spezzerai con scettro di ferro,
come vasi di argilla le frantumerai".

E ora, sovrani, siate saggi
istruitevi, giudici della terra;

servite Dio con timore
e con tremore esultate;

che non si sdegni e voi perdiate la via.
Improvvisa divampa la sua ira.
Beato chi in lui si rifugia.


Qualcuno ha definito questo salmo: la profezia del regno dell'unto di Dio. Il salmista, infatti, sotto l'influenza dell'ispirazione dello Spirito Santo, pronuncia verità basilari quali la sovranità del Figlio e l'instaurazione del Suo regno.
Il salmo inizia parlando della ribellione dell'uomo verso il proprio creatore! La risposta umana all'attenzione divina, quadro perfetto dell'umanità odierna che rigetta le sane basi dell'Evangelo per ricercare più sofisticate leggi di vita, le quali nient'altro sono se non ribellione a Dio. Una ribellione che inevitabilmente attira il giudizio di Dio, la Sua ira devastatrice. Il salmista usa la parola «smarriti» per descrivere lo stato di coloro che di questa ira subiranno le conseguenze.

Ma, grazie siano rese a Dio perché Egli ha stabilito il Suo Re sopra Sion, monte della Sua santità! Queste parole ci riportano alla mente il monte Golgota, dove Cristo Gesù, il Re dei re, ha provveduto per noi una salvezza eterna, sacrificandosi per l'intera umanità. Su quel monte, Cristo ha stabilito il Suo Regno, in modo che chiunque vi sale riconoscendo Cristo come proprio personale Salvatore e Signore, trovi salvezza dall'ira di Dio.

L'intero piano salvifico del Creatore trova qui la propria attuazione alla ribellione dell'uomo è stato riposto con l'amore, alle congiure umane è stato riposto con lo stabilire un monte, palese dimostrazione che per tutti c'è una via di salvezza.

Perciò il salmista conclude il proprio canto con un invito a tutti quelli che riconoscono il proprio bisogno: «Servite l'Eterno con timore, gioite con tremore», spronando ancora una volta, a lasciare le vie umane della salvezza per ricercare quella divina! Servire l'Eterno con timore, non vuol dire aver paura del giudizio di Dio, ma avere riverenza, conoscere Lui ed il Suo amore mediante il Figliuolo confidarsi in Lui, perché: «Beati tutti quelli che si confidano in Lui».

Già altra volta liberato dall’angustia, il Salmista implora nuovo aiuto dal suo Dio dell’Alleanza, che può assicurargli il successo anche per mezzo dell’ammonimento rivolto ai ricchi e potenti avversari.
Questi devono aprire gli occhi riguardo al meraviglioso intervento di Dio in favore di chi, gravemente oppresso, rivolge a lui la preghiera, e così recedere dalla loro ostilità (disprezzo, calunnia).

Il timor di Dio può trattenerli dal peccare ulteriormente. Anche coloro che dubitano della potenza di Dio possono acquistare nuova fiducia in vista della gioia e della pace che Dio ha donato al Salmista. Quest’ultimo ha ricevuto ciò che nel Deuteronomio viene promesso al Popolo di Dio: “Israele abita nella sicurezza, il popolo di Giacobbe indipendente in una terra ricca di grano e di vino, il suo cielo stilla rugiada”. Così neppure la notte gravida di minacce lo mette in pericolo.

Si può pensare che Gesù abbia pregato spesso con questo Salmo tanto esso corrisponde alla sua confidenza verso il Padre. Noi sappiamo quali meraviglie Dio ha operato in Gesù, e tutto questo, in germe, si è operato anche in noi. Perciò san Paolo ci esorta alla gioia con la promessa: “La pace di Dio che supera ogni comprensione, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.

Alla luce della salvezza rivelata nella Nuova Alleanza, il Salmo 4 diventa inoltre la grande preghiera di fiducia alla sera del giorno e alla sera della vita. Sia nella vita, sia nella morte, il cristiano riposa in Dio.




SALMO 4
RIFUGIO NELLA PROTEZIONE DI DIO


Al maestro del coro. Per strumenti a corda.
Salmo. Di Davide.

Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?

Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
Il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.

Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?».
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.

In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.






SALMO 13
FIDUCIOSO LAMENTO IN UN MORTALE PERICOLO


Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.


2 Fino a quando, Signore,
continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

3 Fino a quando nell'anima mia proverò affanni,
tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico?

4 Guarda, rispondimi, Signore mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi,
perché non mi sorprenda il sonno della morte,

5 perché il mio nemico non dica: «L'ho vinto!»
e non esultino i miei avversari quando vacillo.

6 Nella tua misericordia ho confidato.
Gioisca il mio cuore nella tua salvezza
e canti al Signore, che mi ha beneficato.




Il Salmo è una tipica lamentazione individuale. Ripetutamente il Salmista si interroga: “Fino a quando?”. È questo il segno di una prova prolungata e di una pazienza ridotta all’estremo. Le espressioni “dimenticare” e “nascondere la faccia” si fondano sulla convinzione che la misericordia di Dio è rivolta alle singole persone. Nello stesso senso va la richiesta espressa con “Volgi lo sguardo, ascoltami” (= dammi risposta).

La morte del fedele di Dio, desiderata, e forse addirittura macchinata dai suoi avversari, sarebbe il loro trionfo davanti a tutto il popolo. È questo che l’orante mette vivacemente sotto gli occhi del suo Dio. Ma nel momento in cui si è per così dire in tal modo liberato dalle sue più acute angosce, vede di nuovo più chiaro con l’occhio della fede, e confidando in Dio scorge già l’aiuto imminente, da qui la lode e il ringraziamento.

Anche Gesù ha tradotto in vita il rapporto col Padre nel rivolgersi a lui e nel chiedergli qualcosa.
Il mondo ostile ha potuto dapprima rallegrarsi della sua morte, ma solo per breve tempo. Dalla sua morte venne la vittoria. Da qui scaturisce anche la gioia dei suoi discepoli.

“Per quanto tempo ancora?” è tuttavia una domanda che viene ancora rivolta a Dio, finché giunga la totale liberazione. Perciò anche noi dobbiamo porla. Dio si compiace che noi, confidando realmente nella sua grazia, come il Salmista ci sfoghiamo con lui.



SALMO 129
SPERANZA NEL PERDONO DI DIO

1 Canto delle ascensioni.

Dal profondo a te grido, o Signore;

2 Signore, ascolta la mia voce.
  Siano i tuoi orecchi attenti
  alla voce della mia preghiera.

3 Se consideri le colpe, Signore,
  Signore, chi potrà sussistere?

4 Ma presso di te è il perdono:
  e avremo il tuo timore.

5 Io spero nel Signore,
   l'anima mia spera nella sua parola
                                                                                        
6 L'anima mia attende il Signore
   più che le sentinelle l'aurora.

 7 Israele attenda il Signore,
   perché presso il Signore è la misericordia
   e grande presso di lui la redenzione.

 8 Egli redimerà Israele
   da tutte le sue colpe.   



Il Salmo appartiene al genere delle lamentazioni individuali.

“Dal profondo” significa dalle acque profonde. Il Salmista richiama qui l’immagine di uno che sta per affogare e che si sente risucchiato verso il mondo sotterraneo. Perciò supplica insistentemente Dio di ascoltare il suo grido.

Nel v. 3 egli vede nei propri peccati la causa della sua triste situazione. La colpa personale è per lui l’abisso di perdizione che lo separa da Dio e così dalla sponda della vita. Da qui la sua preghiera di essere perdonato dei suoi peccati. Senza il perdono nessun essere umano può restare al cospetto di Dio. Ma già sul Sinai il Dio dell’Alleanza ha rivelato che, se l’uomo si converte, Egli “rimette la colpa, il delitto e il peccato” e ha ispirato ai Profeti di ripetere sempre di nuovo l’annuncio di questa sua volontà di perdono.

La preghiera rivolta a Dio disposto a perdonare risveglia nel peccatore speranza e fiducia. Egli attende la potente parola di Dio che lo libererà dalla sua penosa condizione. Liberazione che sarà nello stesso tempo perdono e nuova grazia.

In questo “tempo di attesa” tra invocazione ed esaudimento, chi aspetta non pensa soltanto a sé stesso: ha in vista anche il suo popolo, ugualmente coinvolto nella colpa e nella punizione e con la propria certezza di vedere accolta la sua preghiera cerca di infondergli coraggio e speranza nel Dio ricco di perdono.

Il cristiano trova in questo Salmo penitenziale (è il sesto dei Salmi penitenziali della Chiesa) una preghiera particolarmente adatta a esprimere la sua posizione di fronte a Dio. Conoscendo le parole della Prima Lettera di San Giovanni, ogni cristiano è consapevole che “se diciamo di essere senza peccato facciamo di Dio un bugiardo”.

Conosce inoltre la parabola del Figliol Prodigo che incontra la benevolenza del Padre misericordioso.  Ma nello stesso tempo il cristiano sa che il perdono è dato liberamente da Dio a patto che l’uomo si rivolga a Lui. Quindi il modo di pensare piuttosto diffuso, che “perdonare è il mestiere di Dio”, è un grave errore. Occorre piuttosto ricordare che la bontà di Dio vuole portarti alla conversione, e che ci si deve impegnare per la nostra salvezza “con timore e tremore” (San Paolo, Lettera ai Filippesi).
Salmo 73  . Di Asaf.   (La giustizia finale)

Quanto è buono Dio con i giusti,
con gli uomini dal cuore puro!
2 Per poco non inciampavano i miei piedi,
per un nulla vacillavano i miei passi,
3 perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo la prosperità dei malvagi.
4 Non c'è sofferenza per essi,
sano e pasciuto è il loro corpo.
5 Non conoscono l'affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.
6 Dell'orgoglio si fanno una collana
e la violenza è il loro vestito.
7 Esce l'iniquità dal loro grasso,
dal loro cuore traboccano pensieri malvagi.
8 Scherniscono e parlano con malizia,
minacciano dall'alto con prepotenza.
9 Levano la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.
10 Perciò seggono in alto,
non li raggiunge la piena delle acque.
11 Dicono: «Come può saperlo Dio?
C'è forse conoscenza nell'Altissimo?».
12 Ecco, questi sono gli empi:
sempre tranquilli, ammassano ricchezze.
13 Invano dunque ho conservato puro il mio cuore
e ho lavato nell'innocenza le mie mani,
14 poiché sono colpito tutto il giorno,
e la mia pena si rinnova ogni mattina.

15 Se avessi detto: «Parlerò come loro»,
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.
16 Riflettevo per comprendere:
ma fu arduo agli occhi miei,
17 finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi qual è la loro fine.
18 Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai precipitare in rovina.
19 Come sono distrutti in un istante,
sono finiti, periscono di spavento!
20 Come un sogno al risveglio, Signore,
quando sorgi, fai svanire la loro immagine.
21 Quando si agitava il mio cuore
e nell'intimo mi tormentavo,
22 io ero stolto e non capivo,
davanti a te stavo come una bestia.
23 Ma io sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra.
24 Mi guiderai con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella tua gloria.
25 Chi altri avrò per me in cielo?
Fuori di te nulla bramo sulla terra.
26 Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma la roccia del mio cuore è Dio,
è Dio la mia sorte per sempre.
27 Ecco, perirà chi da te si allontana,
tu distruggi chiunque ti è infedele.
28 Il mio bene è stare vicino a Dio:
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere
presso le porte della città di Sion.

SALMO 73
 IN DIO SI ILLUMINA IL DESTINO DELL’UOMO


Il Salmista confessa la forte tentazione contro la fede che lo ha assalito a causa della felicità degli atei. Nel descriverla rivivono le parole dei Profeti, quali ad esempio Geremia: “Gente senza Dio si trova in mezzo al mio popolo … Le loro case sono piene di inganno. Perciò sono potenti e ricchi. Sono grassi e ben messi. Anche se fanno cose cattive, hanno successo”. “L’ingrassamento del cuore” legato alla ricchezza porta all'indurimento e alla ribellione contro Dio e la sua Legge. Il modo di fare e di parlare di simili “emancipati” suggestiona molta gente in mezzo al popolo, sicché quelli possono contare su una schiera di seguaci e di devoti.

Osservare un tale trionfo ha costituito per il Salmista una lunga e grave tentazione, fino al momento in cui egli “è entrato nel santuario di Dio e ha ottenuto la luce della conoscenza”. Non è probabile che si sia pensato qui a una esperienza straordinaria nel Tempio. Dobbiamo piuttosto pensare che per il nostro Salmista “santuario di Dio” e fonte della sua illuminazione sia la Sacra Scrittura.  È questa infine la “dimora della Sapienza” nella quale rag-giunge la certezza che decisivo è solo il “destino ultimo”: la strada della trasgressione dell’Alleanza è infallibilmente “una strada che finisce in perdizione”. La fedeltà all'Alleanza, invece, mantiene l’uomo nella sfera santa del Patto. La mano del Dio dell’Alleanza è ancora presente, anche nel dolore e così il Salmista arriva alla certezza che neppure la morte e gli inferi possono avere la forza di separarlo da Dio.

Cristianamente parlando, una sintesi del nostro Salmo si trova nelle parole di Gesù: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”, e in quelle di San Paolo: “Io sono certo che né morte, né vita, né angeli, né Potenze, né presente, né futuro … né alcun’altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, Signore nostro” (Romani 8,38).


Canto di pellegrinaggio
84 Al maestro del coro. Su «I torchi...».
Dei figli di Core. Salmo.

2 Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!

3 L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.

4 Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

5 Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!

6 Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.

7 Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.

8 Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.

9 Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.

10 Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.

11 Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.

12 Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.

13 Signore degli eserciti,
beato l'uomo che in te confida.

SALMO 84  
L’AMORE DEI PELLEGRINI PER IL TEMPIO DI DIO


Il Salmista si sente come struggere dalla nostalgia per il Tempio, luogo della grazia di Dio in mezzo al suo popolo. Conosce i nidi degli uccelli e va riflettendo sul fatto che il passero e la rondine hanno la loro “casa” là, nel Tempio (anche oggi stormi di rondini volano intorno alla moschea di Omar, sullo spiazzo dove sorgeva il Tempio e vi costruiscono i loro nidi). È naturale che egli dica beati i sacerdoti e i leviti che servono al Tempio e cui è dato di abi-tarvi per essere vicini a Dio con la preghiera di lode; infatti per lui è già una grande grazia potersi trattenere temporaneamente negli atri esterni del Tempio in occasione delle festività che vi richiamano i pellegrini. Questi, fortificati dal loro Dio, non temono di affrontare le più lunghe distanze.

Dal versetto 9 in poi, il pellegrino fa intendere di aver raggiunto l’oggetto dei suoi desideri. La sua prima parola è una preghiera per il capo del popolo e per il custode responsabile del santuario, il “consacrato”, poi si abbandona di nuovo alla sua gioia,

Questo Salmo ci spinge a considerare la parola di Gesù: “Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e udire ciò che voi udite, e non lo udirono”. Infatti a noi è stata data realmente, col Verbo fatto carne che abita in mezzo a noi, quella pienezza della divina grazia che era oggetto di desiderio ardente al tempo dell’Antica Alleanza. È ciò che accade continuamente con la venuta di Gesù nell’Eucaristia. La Chiesa raccomanda questo Salmo come preghiera in preparazione alla Comunione e lo recita nel Mattutino del Corpus Domini, della Festa della Trasfigurazione di Gesù e della consacrazione dei luoghi di culto.

Se ci apriamo alla comprensione di questo Salmo siamo invasi dalla sua fede commossa e commovente ed esso ci aiuta a sentirci vivi davanti al Dio vivente.
SALMO 42
L’ANIMA MIA HA SETE DEL DIO VIVENTE

Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.

2 Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.

3 L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?».

5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

6 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

7 In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.

8 Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati.

9 Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.

10 Dirò a Dio, mia difesa:
«Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».

11 Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov'è il tuo Dio?».

12 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Il Salmista si trova in terra straniera dove subisce la derisione dei pagani. “Dov’è il tuo Dio?”.
È questo il sarcasmo tipico delle nazioni nei riguardi dei fedeli di Dio. Secondo le indicazioni del versetto 7, il Salmista dimora per il momento vicino alle sorgenti del Giordano, ai piedi del monte Ermon. La sua nostalgia si esprime in una duplice tensione. Tensione nel tempo:
dov’è la felicità delle visite passate alla casa di Dio?
Tensione nello spazio: come raggiungere quei luoghi che sono per lui un ambiente vitale indispensabile?
L’orante prova la necessità di un ritorno alle sorgenti del suo essere: Dio, il suo passato, la comunità di fede e le sue assemblee.

L’immagine del desiderio assillante di Dio è la sete. Sete di cerva che brama i corsi d’acqua, sete di terra screpolata che attende con ansia la pioggia. Senza acqua non c’è vita. Allo stesso modo, vivere separato da Dio non è più vivere.

Il rimpianto fa rivivere nell’immaginazione ciò che si è perduto. Il Salmista ricorda i suoi pellegrinaggi di un tempo quando avanzava verso Gerusalemme, in mezzo alla folla festante.
Ai versetti 7-8, due nuove immagini acquatiche. La prima, nostalgica, ma tranquilla. Il Giordano scorre verso Gerusalemme e unisce l’Ermon alla patria. La seconda, sconvolgente. Abissi e cascate trascinano l’orante nei loro flutti. Ogni esperienza un po’ forte di paura e di angoscia è una discesa nel caos. Il Salmista si sente non soltanto lontano dal tempio, ma dimenticato da Dio. La salvezza, ancora una volta, viene dall’invocazione di aiuto nella preghiera: “Salvezza del mio volto e mio Dio”.

Il cristiano, nel suo cammino verso la dimora del Padre, trova l’acqua che spegne la sua sete e la luce che illumina i suoi passi: Gesù Cristo. “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.
L’acqua ci ricrea dall’interno, la luce ci guida dall’esterno. Tale è Cristo per noi: “Da lui veniamo, per lui vivremo, a lui tendiamo” (Concilio Vaticano II).

SALMO 5
TU NON SEI UN DIO CHE SI COMPIACE DEL MALE

1 Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide.

2 Porgi l'orecchio, Signore, alle mie parole:
intendi il mio lamento.

3 Ascolta la voce del mio grido,
o mio re e mio Dio,
perché ti prego, Signore.

4 Al mattino ascolta la mia voce;
fin dal mattino t'invoco e sto in attesa.

5 Tu non sei un Dio che si compiace del male;
presso di te il malvagio non trova dimora;

6 gli stolti non sostengono il tuo sguardo.
Tu detesti chi fa il male,

7 fai perire i bugiardi.
Il Signore detesta sanguinari e ingannatori.

8 Ma io per la tua grande misericordia
entrerò nella tua casa;
mi prostrerò con timore
nel tuo santo tempio.

9 Signore, guidami con giustizia
di fronte ai miei nemici;
spianami davanti il tuo cammino.

10 Non c'è sincerità sulla loro bocca,
è pieno di perfidia il loro cuore;
la loro gola è un sepolcro aperto,
la loro lingua è tutta adulazione.

11 Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame,
per tanti loro delitti disperdili,
perché a te si sono ribellati.

12 Gioiscano quanti in te si rifugiano,
esultino senza fine.
Tu li proteggi e in te si allieteranno
quanti amano il tuo nome.

13 Signore, tu benedici il giusto:
come scudo lo copre la tua benevolenza.



Il Salmo 5 è la supplica di un uomo accusato ingiustamente. L’innocente cerca nel Signore un difensore che gli assi-curi assistenza e consiglio. L’orante ha offerto un sacrificio, è venuto a prostrarsi nel tempio per trovarvi asilo nella persecuzione, egli attende da Dio che siano riconosciuti i suoi diritti. A questo scopo alza la voce e si fa sempre più insistente: le mie parole, il mio lamento, il mio grido, la mia preghiera.
Quando un membro del popolo dell’Alleanza si presenta davanti a Dio, sa in anticipo a chi si rivolge. Questo Dio conosciuto e sperimentato è descritto ai versetti 5-7. Negativamente: Dio non viene a patti in nessun caso con il male o con il malvagio. Positivamente: Dio detesta gli artefici del male, in modo particolare quelli che mettono in pericolo la vita sociale: i bugiardi, i sanguinari e gli ingannatori. Per questo genere di uomini non c’è posto al cospetto di Dio.
Al contrario, il tempio si apre ad accogliere chi si avvicina col timore di Dio, ossia con rispetto e amore. Per l’umile, Dio è misericordia, giustizia, benevolenza.

La misericordia, amore gratuito e attivo, è la definizione stessa di Dio. Far appello alla misericordia di Dio significa “disarmarlo”, farlo agire per nessun altro motivo che la sua bontà.
Nel tempio, il giusto ha trovato rifugio e asilo. Ma i suoi passi non si fermano lì. Il Dio del tempio rimane il Dio dell’esodo. Egli rimette il giusto, che lo ha supplicato, sulle strade della vita, dove lo attendono altri combattimenti. In queste lotte, il Signore sarà uno scudo, in certo qual modo un tempio e asilo mobile.

Là dove il Salmo 5 si mostra categorico, il Nuovo Testamento è più sfumato. Rimane vero che tra Dio e il peccato c’è incompatibilità assoluta: “Per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gl’immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Apocalisse). Tuttavia, leggiamo in Luca che Gesù ha cercato la compagnia dei peccatori fino a sedersi alla loro tavola. A chi glielo rimprovera, Gesù risponde: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi”.
Fra testi così diversi, non c’è contraddizione. L’evoluzione dall’Antico al Nuovo Testamento è nella presa di co-scienza che siamo tutti peccatori. La separazione netta tra buoni e malvagi non può essere che una distinzione fina-le. Di qui ad allora viviamo il tempo del richiamo alla conversione. Gesù non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo. Ciascuno deve sopprimere il male che è in lui: “Il giorno è vicino. Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Lettera ai Romani).


Il Salmo è una supplica del popolo. Vi si nominano tre tribù del nord, Efraim, Beniamino e Manasse, e “il Signore degli eserciti assiso sui cherubini”.  La devastazione del paese è descritta con l’immagine della vigna calpestata.

Il Salmo 79 è la lamentazione di una comunità che ha perduto il contatto con il suo Dio. Senza dubbio Dio è sempre lì, assiso sui cherubini, ma la sua potenza sembra assopita. Dio si dimostra freddo, distaccato, incomprensibile. Da ciò il ritornello tre volte ripetuto: “Rialzaci … fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi”. Il salmista non dubita di Dio, ma non riesce a capire le sue vedute. Non cerca spiegazioni, ma chiede che il volto di Dio si illumini e che nei suoi occhi si leggano di nuovo la benevolenza e la bontà.

Per compromettere in qualche modo il Signore, per forzargli la mano, il salmista ricorre a due simboli che mettono Dio in un rapporto particolarmente intimo con la sua creazione: PASTORE (vv. 2-8) e VIGNAIOLO (vv. 9-17). Il popolo vuole sentire su di sé la mano amorevole e sollecita di Dio come quella del pastore sulle sue pecore. Il pastore guida il gregge, lo nutre e gli dà da bere.

Il vignaiolo prepara il terreno, pianta e trapianta la vite. Le due immagini della guida del gregge e del trapianto della vite si richiamano alle tradizioni dell’Esodo e dell’entrata nella Terra promessa. Nei suoi dubbi Israele ritorna sempre a quelle fondamentali esperienze di salvezza e attinge in questi ritorni al passato la certezza di un Dio che può e vuole amarlo.

Lettura cristiana del Salmo

San Giovanni evangelista conosce le due immagini del pastore e del vignaiolo. Il Padre ha affidato il suo gregge al Figlio. Gesù è il buon pastore che offre la vita per le pecore. Il Padre è il vignaiolo. Gesù e i suoi discepoli sono la vite, uniti come il ceppo e i tralci. La prima immagine insiste sull’idea di nutrimento e protezione, la seconda sottolinea l’unità di vita e di azione che lega tra loro il Padre, il Figlio e i fedeli. Le nostre opere buone, frutto della fede, attingono la loro forza in Cristo Gesù. Il Figlio a sua volta rimane nell’amore del Padre.



SALMO 79
RISVEGLIA LA TUA POTENZA
E VIENI IN NOSTRO SOCCORSO

1 Al maestro del coro. Su «Giglio del precetto».
Di Asaf. Salmo.

2 Tu, pastore d'Israele, ascolta,
tu che guidi Giuseppe come un gregge.
Assiso sui cherubini rifulgi
3 davanti a Efraim, Beniamino e Manasse.
Risveglia la tua potenza
e vieni in nostro soccorso.
4 Rialzaci, Signore, nostro Dio,
fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
5 Signore, Dio degli eserciti,
fino a quando fremerai di sdegno
contro le preghiere del tuo popolo?
6 Tu ci nutri con pane di lacrime,
ci fai bere lacrime in abbondanza.
7 Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini,
e i nostri nemici ridono di noi.
8 Rialzaci, Dio degli eserciti,
fa' risplendere il tuo volto e noi saremo salvi.
9 Hai divelto una vite dall'Egitto,
per trapiantarla hai espulso i popoli.
10 Le hai preparato il terreno,
hai affondato le sue radici e ha riempito la terra.
11 La sua ombra copriva le montagne
e i suoi rami i più alti cedri.
12 Ha esteso i suoi tralci fino al mare
e arrivavano al fiume i suoi germogli.
13 Perché hai abbattuto la sua cinta
e ogni viandante ne fa vendemmia?
14 La devasta il cinghiale del bosco
e se ne pasce l'animale selvatico.
15 Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna,
16 proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato.
17 Quelli che l'arsero col fuoco e la recisero,
periranno alla minaccia del tuo volto.
18 Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
19 Da te più non ci allontaneremo,
ci farai vivere e invocheremo il tuo nome.
20 Rialzaci, Signore, Dio degli eserciti,
fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

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