I PROTAGONISTI DELL'AVVENTO - Parrocchia Santi Filippo e Giacomo di Parona

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I PROTAGONISTI DELL'AVVENTO

IL PROFETA ISAIA

Il profeta Isaia è nato verso il 765 a.C.
L’anno della morte del re Ozia, nel 740, ricevette nel tempio di Gerusalemme la vocazione profetica, come egli stesso ricorda: “Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”.

La partecipazione attiva di Isaia alle vicende del suo paese fa di lui un eroe nazionale. Egli è anche un poeta di genio. Lo splendore del suo stile, la novità delle sue immagini fanno di lui il grande classico della Bibbia. Le sue composizioni hanno una forza, una maestà, un’armonia che non saranno mai più raggiunte. Ma la sua grandezza è soprattutto religiosa. Isaia è stato segnato per sempre dalla scena della sua vocazione nel tempio, dove ha avuto la rivelazione della trascendenza di Dio e dell’indegnità dell’uomo.
La sua idea di Dio ha qualche cosa di trionfale e anche di terrificante: Dio è il santo, il forte, il potente, il re. L’uomo è un essere contaminato dal peccato, per il quale Dio domanda riparazione. Dio esige la giustizia nelle relazioni sociali e anche la sincerità nel culto che gli si rende. Vuole che si sia fedeli. Isaia è il profeta della fede e, nelle crisi gravi che attraversa la sua Nazione, domanda che si confidi in Dio solo: è l’unica possibilità di salvezza. Sa che la prova sarà severa, ma spera che un “resto” sarà risparmiato e di cui il Messia sarà il re. Isaia è il più grande dei profeti messianici. Il Messia che egli annuncia è un discendente di Davide, che farà regnare sulla terra la pace e la giustizia e diffonderà la conoscenza di Dio: “Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, Dio con noi”. E ancora così profetizza: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse … Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine”.

Nella prima lettura della prima domenica di Avvento, il profeta Isaia si rivolge a noi con queste parole: “Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. Quando tu compivi cose terribili, che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha mai sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie”.




GIOVANNI  BATTISTA

Giovanni è il precursore di Cristo, che battezza con l’acqua in attesa di Colui che battezzerà con il fuoco. Il figlio della vecchia Elisabetta annunzia la venuta di Gesù e grida agli uomini di essere retti per ricevere degnamente il Figlio di Dio. “In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano” (Matteo 3,1-6).

Giovanni per primo dette esempio di rettitudine davanti a Gesù. Quando la Vergine si recò a visitare Elisabetta, egli sussultò nel seno della madre, che improvvisamente ispirata proruppe nel saluto che ancor oggi risuona nell'Ave Maria: “Benedetta tu tra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno”.
Poi Giovanni, quasi ancora fanciullo, si ritira nel deserto, dove, dice san Luca, “cresceva e si fortificava”. Predica la penitenza e la fama del nuovo profeta si allarga nel paese.
Ma il giorno in cui sulle rive del Giordano si presenta il giovane falegname di Nazaret, Giovanni Battista sospende la sua opera di battezzatore e dice, rivolto al giovane Gesù: “Chi è che viene a me?”. L’uomo retto ha riconosciuto, nel figlio putativo del falegname, il Figlio di Dio. Giovanni ha dei discepoli che lo seguono con devozione, lo ammirano e gli chiedono: “Chi sei? Sei il Cristo? Sei Elia? Sei il Profeta?” E l’uomo retto risponde: “Non sono né il Cristo né Elia né il Profeta. Io sono la voce di colui che grida: Raddrizzate le vie del Signore”. E alludendo a Gesù che già si affaccia alla vita pubblica, dice ancora: “Io battezzo con l’acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete e che viene dopo di me, e al quale non sono degno di sciogliere i lacci dei calzari!”. Poi, indicando ai discepoli il giovane falegname, precisa: “Ecco l’agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo”. Queste parole meritano allora la degna risposta di Gesù, che dice di Giovanni: “In verità vi dico: tra i nati di donna, non c’è nessuno più grande di Giovanni Battista”. E a Giovanni la rettitudine costa, alla fine la testa. Il re Erode vive in concubinaggio con la moglie del fratello, Erodiade. L’uomo retto non può tacere davanti allo scandalo e grida al re, che dà cattivo esempio al suo popolo: Non licet! Non è permesso! Erodiade lo fa imprigionare e sua figlia chiede al re la testa del Battista. Così si conclude la vita del grande Precursore, testimone della verità fino al martirio.
Nel cammino verso il Natale, la figura di Giovanni Battista ci viene presentata nella seconda e terza domenica di Avvento.

GIUSEPPE  

La figura di questo grande Santo, pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza un’importanza fondamentale. Anzitutto, appartenendo alla tribù di Giuda, legò Gesù alla discendenza Davidica, così che, realizzando le promesse sul Messia, il Figlio della Vergine può dirsi veramente “Figlio di Davide”. Il Vangelo di Matteo, in modo particolare, mette in risalto le profezie che trovano compimento mediante il ruolo di Giuseppe:

la nascita di Gesù a Betlemme, il suo passaggio attraverso l’Egitto, dove la santa Famiglia si era rifugiata, il soprannome “Nazareno”. In tutto ciò egli si dimostrò, al pari della sposa Maria, autentico erede della fede di Abramo.

La sua grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile, l’umiltà e il nascondimento, nella sua esistenza terrena.

Dall'esempio di san Giuseppe viene a noi tutti un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato. Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa. Ai Sacerdoti, che esercitano la paternità nei confronti delle comunità ecclesiali san Giuseppe ottenga di amare la Chiesa con affetto e piena dedizione.
Meditazione di Papa Benedetto XVI

MARIA

Celebrando l’Incarnazione del Figlio non possiamo non onorare la Madre. A Lei fu rivolto l’annuncio angelico; Ella lo accolse e, quando dal profondo del cuore rispose: “Eccomi … avvenga di me secondo la tua parola”, in quel momento il Verbo eterno incominciò ad esistere come essere umano nel tempo.
Di generazione in generazione resta vivo lo stupore per questo ineffabile mistero. Sant'Agostino, immaginando di rivolgersi all'Angelo dell’Annunciazione, domanda: “Dimmi, o Angelo, perché è avvenuto questo in Maria?”. La risposta, dice il Messaggero, è contenuta nelle parole stesse del saluto: “Ave, o piena di grazia”.

Di fatto, l’Angelo, entrando da Lei, non la chiama con il nome terreno, Maria, ma col suo nome divino, così come da sempre Dio la vede e la qualifica: “Piena di grazia”.
E la grazia è nient’altro che l’amore di Dio, così che potremmo alla fine tradurre questa parola: “Amata” da Dio. Mai un simile titolo fu rivolto ad essere umano ed esso non trova riscontro in tutta la Sacra Scrittura.
Nell'essere amata, nel ricevere il dono di Dio, Maria è pienamente attiva, perché accoglie con personale disponibilità l’onda dell’amore di Dio che si riversa in lei. Anche in questo Maria è discepola perfetta del suo Figlio, che nell'obbedienza al Padre realizza interamente la propria libertà e proprio così esercita la libertà, obbedendo.
Meditazione di Papa Benedetto XVI
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