San Matteo Apostolo ed Evangelista
Oggi 21 Settembre si ricorda San Matteo.
Soprannominato il “pubblicano” poiché era un esattore delle tasse per conto dei romani, è uno dei dodici apostoli di Gesù e autore secondo la tradizione del Vangelo secondo Matteo.
Nella Galilea gli esattori pagavano anticipatamente le tasse del popolo all’erario romano tartassando la gente successivamente per recuperare i soldi. Per questo suo lavoro, Matteo non era ben visto dai suoi concittadini. Rappresentavano una delle categorie più odiate dagli ebrei, accusati di venerare l’imperatore quindi peccatori.
Un giorno Gesù passò vicino al pubblicano Matteo, seduto al suo banco all’aperto, lo chiamò dicendogli “Seguimi”, lui si alzò immediatamente e con grande entusiasmo e senza esitazione lo seguì. Da quel momento cessarono di esistere tutte le tasse del popolo. Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli.
Nella Galilea gli esattori pagavano anticipatamente le tasse del popolo all’erario romano tartassando la gente successivamente per recuperare i soldi. Per questo suo lavoro, Matteo non era ben visto dai suoi concittadini. Rappresentavano una delle categorie più odiate dagli ebrei, accusati di venerare l’imperatore quindi peccatori.
Un giorno Gesù passò vicino al pubblicano Matteo, seduto al suo banco all’aperto, lo chiamò dicendogli “Seguimi”, lui si alzò immediatamente e con grande entusiasmo e senza esitazione lo seguì. Da quel momento cessarono di esistere tutte le tasse del popolo. Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli.
Non si hanno notizie certe sulla causa della morte ma grazie alle tradizioni riportate da uno dei Padri della Chiesa Clemente Alessandrino, sarebbe morto per cause naturali.
Le sue reliquie sarebbero giunte nel territorio salernitano, rimaste sepolti per ben quattro secoli.
Dopo averle ritrovate il monaco Anastasio le portò nell’attuale chiesetta di San Matteo nella città di Castel Velino, dove però non si ebbero più notizie. Ritrovate in epoca longobarda, nel maggio del 954 furono portate nella cripta della Cattedrale di Salerno, dove sono tuttora conservate.
Della sua vita si sa ben poco ma ci ha lasciato il suo Vangelo, nel quale Matteo si rivolge soprattutto ai cristiani di origine ebraica per diffondere in loro gli insegnamenti di Gesù come conferma e attuazione della Legge mosaica. Alcuni studiosi ritengono che lui stesso volle cambiare nome, secondo una usanza dell’epoca, per indicare il radicale cambiamento di vita, come fece Simone detto Pietro (uno dei dodici apostoli) oppure Saulo detto San Paolo. Il significato del nome Matteo, ovvero “Dono di Dio” confermerebbe in parte questa tesi.
La Chiesa lo raffigura insieme ad un uomo alato che lo ispira o che gli guida la mano nello scrivere il Vangelo. Secondo la tradizione, questa figura corrisponde a uno dei quattro esseri viventi presenti sia nel libro di Ezechiele sia in quello dell’Apocalisse. Tale rappresentazione sottolinea l’umanità di Cristo poiché il Vangelo di Matteo esordisce con la genealogia terrena e l’infanzia di Gesù Figlio dell’uomo.
Le sue reliquie sarebbero giunte nel territorio salernitano, rimaste sepolti per ben quattro secoli.
Dopo averle ritrovate il monaco Anastasio le portò nell’attuale chiesetta di San Matteo nella città di Castel Velino, dove però non si ebbero più notizie. Ritrovate in epoca longobarda, nel maggio del 954 furono portate nella cripta della Cattedrale di Salerno, dove sono tuttora conservate.
Della sua vita si sa ben poco ma ci ha lasciato il suo Vangelo, nel quale Matteo si rivolge soprattutto ai cristiani di origine ebraica per diffondere in loro gli insegnamenti di Gesù come conferma e attuazione della Legge mosaica. Alcuni studiosi ritengono che lui stesso volle cambiare nome, secondo una usanza dell’epoca, per indicare il radicale cambiamento di vita, come fece Simone detto Pietro (uno dei dodici apostoli) oppure Saulo detto San Paolo. Il significato del nome Matteo, ovvero “Dono di Dio” confermerebbe in parte questa tesi.
La Chiesa lo raffigura insieme ad un uomo alato che lo ispira o che gli guida la mano nello scrivere il Vangelo. Secondo la tradizione, questa figura corrisponde a uno dei quattro esseri viventi presenti sia nel libro di Ezechiele sia in quello dell’Apocalisse. Tale rappresentazione sottolinea l’umanità di Cristo poiché il Vangelo di Matteo esordisce con la genealogia terrena e l’infanzia di Gesù Figlio dell’uomo.
Gesù lo guardò con sentimento di pietà e lo scelse
Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; CCL 122, 149-151)
Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; CCL 122, 149-
Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi» (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: «Seguimi». Gli disse «Seguimi», cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi, quanto con la pratica della vita. Infatti «chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2, 6).
«Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì» (Mt 9, 9). Non c'è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all'interno con un'invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili.
«Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli» (9, 10). Ecco dunque che la conversione di un solo pubblicano servì di stimolo a quella di molti pubblicani e peccatori, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro. Fu un autentico e magnifico segno premonitore di realtà future. Colui che sarebbe stato apostolo e maestro della fede attirò a sé una folla di peccatori già fin dal primo momento della sua conversione. Egli cominciò, subito all'inizio, appena apprese le prime nozioni della fede, quella evangelizzazione che avrebbe portato avanti di pari passo col progredire della sua santità. Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che egli non si limitò a offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l'amore, gli preparò un convito molto più gradito nell'intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice: «Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).
Gli apriamo la porta per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.
«Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì» (Mt 9, 9). Non c'è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all'interno con un'invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili.
«Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli» (9, 10). Ecco dunque che la conversione di un solo pubblicano servì di stimolo a quella di molti pubblicani e peccatori, e la remissione dei suoi peccati fu modello a quella di tutti costoro. Fu un autentico e magnifico segno premonitore di realtà future. Colui che sarebbe stato apostolo e maestro della fede attirò a sé una folla di peccatori già fin dal primo momento della sua conversione. Egli cominciò, subito all'inizio, appena apprese le prime nozioni della fede, quella evangelizzazione che avrebbe portato avanti di pari passo col progredire della sua santità. Se desideriamo penetrare più a fondo nel significato di ciò che è accaduto, capiremo che egli non si limitò a offrire al Signore un banchetto per il suo corpo nella propria abitazione materiale ma, con la fede e l'amore, gli preparò un convito molto più gradito nell'intimo del suo cuore. Lo afferma colui che dice: «Ecco, sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).
Gli apriamo la porta per accoglierlo, quando, udita la sua voce, diamo volentieri il nostro assenso ai suoi segreti o palesi inviti e ci applichiamo con impegno nel compito da lui affidatoci. Entra quindi per cenare con noi e noi con lui, perché con la grazia del suo amore viene ad abitare nei cuori degli eletti, per ristorarli con la luce della sua presenza. Essi così sono in grado di avanzare sempre più nei desideri del cielo. A sua volta, riceve anche lui ristoro mediante il loro amore per le cose celesti, come se gli offrissero vivande gustosissime.
Fonte -